Incontrare noi stessi per curare gli altri: il viaggio eroico della supervisione clinica 

Percorso e sedute di supervisione individuale, di coppia, di team in presenza e online (a richiesta accredibile Ecm)

Noi non siamo santi, non facciamo miracoli,
ma possiamo fare esercizi di estensione, possiamo allungarci in direzioni inattese.
Dobbiamo chiedere ai nostri occhi di essere più spericolati, e così pure alle nostre orecchie.
Possiamo sentire e possiamo vedere di più.
(Franco Arminio, La Cura dello Sguardo)

La vita del terapeuta può essere una vita di solitudine, specie per chi lavora da solo nel proprio studio. 

Io stessa sono partita da questo vissuto di solitudine ideando il Centro Divenire, che dirigo dal 2007, perché desideravo appartenere a qualcosa che andasse oltre la mia persona e mi permettesse di fare del mio cammino professionale un percorso di crescita, di evolvere non solo sul piano strettamente professionale ma in maniera più ampia sul piano dell’espressione e dello sviluppo dei miei talenti e delle mie qualità umane. 

Dopo un percorso di ricerca di oltre 15 anni in questa direzione, in cui ho “allevato” e conosciuto molti colleghi, ho maturato il desiderio di sperimentarmi con professionisti che operano al di fuori del Centro, sia con coloro che sono alle prime armi sia con coloro che come me hanno una discreta esperienza clinica e desiderano trasformare i momenti di supervisione in possibilità in cui coltivare uno sguardo su di sé in rapporto al cliente attraverso il lavoro esperienziale in un gruppo di pari. 

In un mondo sempre più orientato all’appiattimento, all’uso di tecniche e protocolli che tendono a far evaporare la relazione terapeutica e a disincentivare l’individuazione professionale, incontro sempre più spesso colleghi disorientati nel tentativo di piacere a tutti e poco inclini a scoprire, come fecero i grandi maestri, la propria voce. 

L’obiettivo di questo percorso, quindi, è l’individuazione del terapeuta perché, come scriva la Candiani (2021) “Noi siamo fatti di tutti gli altri, seguiamo costantemente le orme di qualcuno, poi le abbandoniamo per seguirne altre o per perderci per un po’ e ritrovare altre tracce. Ma arriva un momento in cui è importante scavare i propri solchi, fare una fatica nuova, più rischiosa, mettendo in gioco la propria capacità di errare. (…) E’ l’occultamento della possibilità di trovare la propria voce, il proprio passo, nella vicinanza a se stessi che fa sentire soli e maldestri”. 

Questo percorso si inscrive in una cornice esistenziale, esperienziale, interpersonale e contemplativa che ha lo scopo di esplorare e sostenere il proprio talento andando oltre le tecniche e i modelli teorici di riferimento dei singoli. Andare oltre il settarismo per orientarsi verso un pluralismo terapeutico in cui gli interventi efficaci siano tratti da differenti approcci terapeutici, come auspica Irvin Yalom nel suo Il Dono della Terapia, è qualcosa che abbiamo sperimentato in questi anni grazie allo scambio di competenze che derivano da una composizione del Gruppo Curante del Centro di colleghi con formazioni e orientamenti anche molto distanti tra loro. Questo perché crediamo fortemente che ogni terapeuta abbia una sua essenza, un suo unico e irripetibile talento terapeutico che attraverso il sostegno del gruppo può mano mano emergere come forma di Individuazione professionale che, come è stato per i nostri Maestri che hanno fatto la storia della Psicoterapia, è oggi più che mai necessaria non solo per affrontare le sfide cliniche attuali ma per aumentare il benessere del terapeuta e prevenire il Burn-out. 

Avere un’ottica esistenziale significa passare dal CONTENUTO al PROCESSO. 

Per contenuto si intende le esatte parole pronunciate, le effettive questioni affrontate. Il Processo, per contro, si riferisce ad una dimensione completamente diversa ed estremamente importante: LA RELAZIONE PERSONALE TRA PAZIENTE E TERAPEUTA. In questo senso interrogarsi sul processo significa chiedersi: Cosa ci dicono le parole sulla natura del rapporto tra le parti coinvolte nell’interazione? La storia che si scrive è completamente diversa a questo punto. 

Sappiamo che il percorso terapeutico è un percorso evolutivo per entrambi, paziente e terapeuta, ma quanti si nascondono dietro falsi sé professionali di persone risolte e al-di-là-del-bene-e-del-male per evitare di incontrare parti di sé che inevitabilmente il percorso terapeutico interpella? 

Difficilmente i percorsi di supervisione offrono un campo di contenimento, uno sguardo specifico sulle aree cieche della personalità e degli irrisolti del terapeuta, perché idealmente ci si incontra per “parlare dei casi” pensando che in questo modo non si parli di noi. 

Questo percorso vuole offrire la possibilità di una crescita personale attraverso un lavoro nel gruppo e di gruppo a partire dalle esperienze con i pazienti e dal rispecchiamento che gli stessi ci propongono dei nostri limiti caratteriali e delle nostre rigidità, come richieste rivolte anche a noi di cambiamento ed evoluzione. 

Quale parte di me sta interrompendo il processo evolutivo del paziente? In che modo l’impasse terapeutico mi interpella? 

Ciò che abbiamo più e più volte scoperto in questi anni è che una volta curato lo sguardo del terapeuta, una volta recuperato un livello di accettazione, comprensione e benevolenza verso le proprie criticità il terapeuta è in grado di sgombrare il campo e ritrovare la propria efficacia all’interno della relazione terapeutica divenendo più autentico, accogliente, compassionevole, creativo e permettendo la fioritura del paziente stesso. 

Proporre un progetto esperienziale, significa “non parlare di o su”, ma allestire una vera e propria esperienza in cui provare nel corpo e nell’azione ciò che sta emergendo in noi e solo successivamente integrarlo attraverso la parola. 

L’ottica contemplativa rimanda alla pratica del silenzio come esercizio per creare un campo di contenimento nel gruppo e dare spazio e respiro al sentire che è presente nel qui e ora attraverso un processo di disidentificazione dal pensiero. In particolare si dedicherà un tempo alla contemplazione dei cosiddetti sentimenti negativi. Scrive a questo proposito Chandra Candiani (2021): “Chi crede di essere buono è pericoloso. Solo conoscere la propria capacità di nuocere e addestrarsi a non esercitarla può far accedere alla bontà fondamentale o intelligenza del cuore. Occorre non negare i cosiddetti sentimenti negativi, ma anzi percepire il peso, il sapore, il restringimento dello spazio della coscienza che portano con sé è il primo passo verso la compassione; farsi spazzini del cuore, anziché arredatori di luoghi non visitati, non puliti a fondo, con lo sporco nascosto sotto un impeccabile tappeto”. 

Struttura tipo dell’incontro

Creazione del campo di sostegno tramite un momento di meditazione guidata 

  • Breve condivisione dei vissuti relativi allo sfondo personale con cui si affronta la supervisione 
  • Attraversamento esperienziale della criticità clinica 
  • Scelta di uno o due casi da approfondire in forma esperienziale con il supervisore rispetto ai contro-transfert emersi nel lavoro precedente 
  • Riformulazione teorica. 
  • Meditazione conclusiva e condivisione dei doni 

In ogni sessione coltiveremo la nostra capacità di autosservazione e di self-compassion relativamente ai seguenti temi: 

  • La qualità della presenza nella relazione 
  • La cura dello sguardo su noi stessi e sui nostri clienti 
  • Il dialogo con le nostre ferite quando hanno a che fare con le ferite del paziente 
  • Accogliere la durezza e il giudizio sulla nostra efficacia 
  • I bisogni del terapeuta all’interno della relazione terapeutica: una contraddizione? 
  • La forma del nostro talento 
  • La qualità materna e paterna: essere genitori di noi stessi, a che punto siamo 
  • Assertività, creatività e sviluppo professionale: che rapporto hai con la leadership? 
  • La danza della terapia 
  • L’utilizzo dell’umorismo e dell’autodisvelamento 
  • Gruppo: perché no 
  • L’ansia del terapeuta 
Costi

Il costo di una seduta di supervisione individuale di un’ora e mezza è di €135+2% , di coppia €150+2%, di gruppo da concordare

Iscrizioni e requisiti

Per concordare un primo incontro di supervisione sulla qualità della presenza nel proprio lavoro di cura basta scrivere a segreteria@centrodivenire.net.

Requisiti: le supervisioni sono aperte a tutti coloro che svolgono una relazione d’aiuto sia in ambito sanitario che non. Oltre a psicologi, psicoterapeuti, counsellor, infermieri, medici, ostetriche, fisioterapisti, biologi nutrizionisti, osteopati, naturopati, coach, operatori olistici sono i benvenuti avvocati, commercialisti, imprenditori e tutti coloro desiderano approfondire una difficoltà relativa ad una relazione in ambito lavorativo

Dove si terranno gli incontri?

Presso la sede del Centro Divenire, via Reich, 76 24020 Torre Boldone (Bg) oppure on-line

La sede di trova sul retro dello stabile al piano terra. Si entra scalzi lasciando le scarpe all’ingresso. Si suggerisce di portare dei calzini per il proprio confort. Si invita a venire con abiti comodi. 

Conduce

Gloria Volpato

Psicologa, psicoterapeuta ad orientamento fenomenologico esistenziale e contemplativo. Esperta in psicologia delle Dipendenze, psicotraumatologa Emdr, terapeuta a mediazione corporeo esperienziale. Fondatrice e direttore scientifico del Centro Divenire, Centro di psicoterapia umanistica integrata di Torre Boldone Bergamo dal 2007.Si occupa prevalentemente di giovani adulti e adulti. È terapeuta di coppia e di gruppo, nonché supervisore dell’equipe multidisciplinare del Centro Divenire con accreditamento presso il Miur (ECM). Ha ideato nel 2020 il Festival della Consapevolezza, conferenze e workshop gratuiti per la cittadinanza per prevenire il disagio favorire il benessere psicologico. Scrive sul Divenire Magazine e interviene in qualità di formatore nei percorsi di aggiornamento professionale per sanitari.